Avrei voluto bastarmi
per non sentire il vuoto,
rinunciato ad ogni lancetta
per essere ancora il tuo tempo.

Insegnato al cielo il peso
delle impronte, svelato ai tuoi silenzi
il passo lieve della voce.

Rinunciato al sole
pur di viverti come ombra,
come fuoco di lampada
per un debutto che nascesse a respiro.

Vicino alle tue mani
avrei lottato per un salto d’altalena,
sarei scappato da tutte le lavagne di gesso,
rincorso corridoi a mezza finestra
solo per guardare i tuoi occhi
capitarmi nel senso delle foglie al ramo.

E avrei scalato le mie braccia
se solo l’altezza fosse stata la tua,
figlio a misura di padre
come magia in presenza di luce.

A mio padre che a trent’anni di distanza mi vive ancora dentro.