Non provo paura nelle parole,
le sento in ogni sorriso verticale,
libere di credere che nessuna distanza
sia poi troppo complicata da ridimensionare.

Ad essere chiara avvenenza
basterebbe la voce,
l’originale intreccio di sinapsi
o l’accesa perturbazione chimica
che sedimenta testimonianza.

Come il big bang nel suo bagliore più intenso
o il segnale wow con quella radice
così potente da immaginare altre vite.

In quel suono sincopato e universale
che nessuna misura circoscrive.
E che nessuna interferenza
potrà distrarre dal manifestarsi.

Eppure mi chiedo cosa sia l’irrazionalità del cuore,
l’urgente seduzione della mente
o quell’assurda inclinazione alchemica
che hanno gli occhi.

Chiedo e non ho risposte
per l’eloquente armonia del suono.
Per quell’inutile passione che mi stringe
e mi costringe in queste mani d’inchiostro.

Che mi lascia col sale delle pagine,
in questa lacrima d’abitudine, in questi versi
senza musica.