L’affinità tra musica e dimensione spirituale ha radici antichissime che, seppure in forme diverse, si è manifestata e si manifesta nella maggior parte delle culture umane. Ma come si raggiunge il divino? Da sempre i fedeli si pongono questa domanda ed elaborano numerosi tentativi di rispondervi. Spesso è la preghiera lo strumento privilegiato per collegarsi alla sfera del sacro e varie sono le modalità di attuarla; offerte, recitazione di parole, digiuni, astinenze, ma anche attraverso la danza, il canto e/o l’utilizzo di strumenti musicali.

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Vi sono posizioni diverse riguardo l’utilizzo della musica per la preghiera, spesso molto divergenti, ma che, proprio per la loro eterogeneità, offrono numerosi spunti di riflessione e approfondimento. La musica infatti è stata ed è tuttora spesso associata al divino, in maniera diversa a seconda delle religioni. Alcune prediligono maggiormente la musica vocale, quasi sempre legata all’intonazione delle parole del testo sacro, altre sperimentano quella strumentale, attraverso il suono di strumenti a fiato, a corda, o percussivi spesso usati nei rituali o nelle liturgie. La storia ci offre numerosi spunti di riflessione sulla musica religiosa nata in condizioni di oppressione e schiavitù, come unico strumento di libertà, che ha dato vita a generi musicali veri e propri (vedi Blues).

Nozioni storiche

Risultati immagini per AUMFin dalla notte dei tempi, la musica è sempre stata associata al divino. Si è sempre pensato che la musica unisse l’uomo alle divinità e tuttora si ritiene che l’universo si sia creato tramite un suono magico: AUM, da cui tutto è nato. Il suono stesso è ritenuto di origine sacra e la stessa musica è considerata qualcosa di potente e di enigmatico. La musica, all’interno delle religioni, è presente nelle sue due forme: musica strumentale e musica vocale (canti) tuttavia non tutte le religioni hanno avuto lo stesso comportamento nei confronti della musica, soprattutto le religioni monoteiste (islam in particolare). La principale fonte di suono nei rituali è costituita dalla musica strumentale.

L’esempio più calzante di musica strumentale trascendentale è presente nello sciamanesimo: lo sciamano entra in trance tramite il suono del tamburo che riesce ad eccitare la mente portando l’uomo verso altri stati di coscienza in cui comunica con gli spiriti guida. Il tamburo è lo strumento sciamanico per antonomasia in quanto cagiona lo stato di trance. Tamburo = trance = sciamanesimo. Il tamburo è noto per il suo complesso simbolismo e per le sue virtù magiche. Risultati immagini per Il tamburo è lo strumento sciamanicoSecondo una credenza lo sciamano costruisce il tamburo tramite un ramo dell’Albero cosmico, che si trova al Centro del mondo, ove lo sciamano si reca durante i suoi sogni iniziatici. L’Albero cosmico rappresenta la comunicazione tra cielo e terra. Anche il tipo di legno con cui verrà costruita la cassa del tamburo dipende dagli spiriti o da una volontà trans-umana. E’ grazie al tamburo che lo sciamano viaggia, così come è grazie al tamburo che il tarantato guarisce. Esistono testimonianze secondo le quali i tamburi siano stati inventati dai diavoli, e con il sopravvento della Chiesa sparirono molti strumenti musicali, tra cui i tamburi che per via delle loro dimensioni non si potevano nascondere facilmente. Nonostante ciò molti canti e balli riuscirono a sopravvivere, ad esempio nei cimiteri si è ballato fino al ‘700. Nei cimiteri si ballava sovente nudi e con molte risate e salti, al fine di scacciare gli spiriti maligni. Immagine correlataPer rafforzare il potere della magia contro la morte si usava ballare all’indietro ma vi sono anche altre due tipologie di danza: la danza estatica e la danza in cerchio (che può essere oraria o antioraria). La prima veniva utilizzata primariamente per entrare in comunicazione con il mondo dei morti e degli spiriti, la seconda rappresenta un momento particolare della ritualità della natura medievale ed è utilizzata principalmente a scopi magici, infatti la Chiesa ha perennemente cercato di combatterla. Parimenti, la cacofonia è stata associata a divinità malvagie (demoni).

Di particolare impatto è l’arte musicale degli aborigeni australiani che è quasi sempre espressione di messaggi spirituali, religiosi e mitologici legati al dreamtime (il tempo del sogno). Il continente australiano si può leggere come una partitura musicale. Ancora oggi ogni neonato eredita una sezione di canto per diritto di nascita. Le sue strofe sono proprietà privata inalienabile e delimitano il suo territorio. Una volta adulto e”iniziato” alla rivelazione della creazione gli viene svelata una geografia mitica per apprendere i luoghi in cui gli esseri soprannaturali hanno celebrato riti, danzato o fatto cose importanti. Egli ha anche il diritto di prestare le sue strofe lungo una pista del canto e acquistare il diritto di passaggio dai suoi vicini, ricevendone aiuto e ospitalità. L’uomo che va in walkabout (viaggio rituale) canta le strofe del suo antenato senza cambiare né una parola né una nota, così facendo ricrea il Creato.

Risultati immagini per thod rngaMolti strumenti sono composti con sostanze animali o umane: il tamburo è fatto di pelle di capra, il flauto con ossa animali, la tromba con corna di ariete, le corde con intestini di animali. Esistono poi in Tibet due strumenti particolari che sono fatti con ossa umane: il tamburo thod rnga (creato con un teschio umano) e il khang glinh che si realizza con un femore umano. Per quanto riguarda la musica vocale, invece, l’associazione parola/musica è stata usata fin dall’antichità per trasmettere i miti delle origini e per recitare testi sacri.

Le religioni monoteiste sono sempre state piuttosto sospettose verso la musica strumentale visto che permetteva di raggiungere, come nel caso dello sciamanesimo e dei sufi, di cui parlerò successivamente, altri stati di coscienza. Così queste religioni hanno finito per accettare solo la musica vocale, intesa più che altro come cantillazione dei versi sacri, respingendo la musica strumentale in sé e per sé.

Ad ogni modo bisogna ammettere che una liturgia senza musica difficilmente attira i fedeli perciò alcune tracce di musica strumentale nelle religioni monoteiste vi sono ancora. La religione cattolica ad esempio fa uso tuttora di canti collettivi durante la Messa, accompagnati dal suono dell’organo e della chitarra. Immagine correlataIn ambito religioso va anche ricordato il ruolo che la musica ha avuto nel colonialismo: agli indios sono stati insegnati i canti cristiani per convertirli, talvolta adattando il significato delle parole al contesto religioso indio per accelerare il processo.

Non tutte le religioni attribuiscono alla musica un ruolo di primo piano, alcune anzi la vivono assai problematicamente. L’islam è una di queste. Esso guarda alla musica e (ancor più) alla danza con sospetto addirittura maggiore di quello manifestato dal Cristianesimo. Conseguentemente si decise di accettare solo la cantillazione del Corano, che fu permessa solo perché non considerata musica in senso stretto. La religione musulmana ha bandito la musica e il canto anche perché ritiene che la voce femminile sia eccitante, tuttavia in Indonesia sono le donne che cantillano il Corano.

L’unica confraternita musulmana che accetta la musica è il sufismo. Le cerimonie sufi sono composte di preghiera, danza e musica; quest’ultima si realizza con il flauto ad imboccatura semplice, chiamato flauto ney. I danzatori sono detti dervisci e danzano roteando in modo circolare (a ricordare il movimento celeste) e con un braccio rivolte verso il cielo ed un altro rivolto verso la terra. I sufi si collegano con Dio attraverso la trance, per loro la trance (wajd) è un mezzo di comunicazione con il divino, è un modo di pregare. Un noto esempio di musica sufi è il qawwali (termine che significa ‘cantante’) del Pakistan. Durante il qawwali si intonano musicalmente poesie d’amore (amore inteso come relazione con Dio) in occasione del sama (ascolto). I canti sono eseguiti da un gruppo di solisti uomini e da un coro di cantanti che batte le mani. Il solista leader sceglie le canzoni e stimola la risposta finché gli ascoltatori cadono in trance.

La cantillazione è un atto di meditazione vero e proprio e la ritroviamo, oltre che nell’islam, anche nel buddismo. Nel buddismo si cantillano frasi del Buddha, commenti a queste frasi, dediche, mantra ed inni di lode. Risultati immagini per Nel buddismo si cantillano frasi del BuddhaIl buddismo accetta l’uso di strumenti musicali (come campane, tamburi, gong, cembali) ma essi vengono usati per lo più per scandire il tempo all’interno dello spazio sacro. Anche nel buddismo la musica puramente strumentale è rara mentre nelle festività si fonde la musica sacra con elementi di musica popolare ed aristocratica, oltre che con teatro, danza e processioni.

La musica, il mito, il tempo

La musica è una presenza costante nelle mitologie di tutto il mondo. Solo nella mitologia greca si contano decine di personaggi legati alla musica, da Apollo alle Muse, dagli “inventori” degli strumenti – Pan l’omonimo flauto, Atena l’aulo, Hermes la lira, ecc. – agli incantatori sonori, come Orfeo o le Sirene. Analoghe figure si ritrovano in altre culture: nella Genesi biblica Yuval (Iubal o Jubal in altre trascrizioni) viene definito “padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto”, il leggendario imperatore cinese Ku viene considerato creatore di molti strumenti musicali. Si possono individuare alcune tipologie fondamentali delle ricorrenze della musica nel mito, ricorrenze caratteristiche non solo della cultura greca:

1) Occorrenza fondamentale nei miti delle origini, sia come parte dell’atto creativo divino che come garante dell’ordine universale (armonia delle sfere).

2) Insegnamento, conservazione e trasmissione delle conoscenze musicali dal divino all’umano; il mito rivela i comportamenti musicalmente ammissibili e i divieti da non infrangere.

3) Il conflitto: la musica diventa arma nel confronto rituale tra uomini e divinità. L’emblematico mito di Apollo e Marsia ha tanto valore religioso – censurando l’ hybris del satiro che vuole farsi pari a un dio – quanto musicale, ribadendo la superiorità degli strumenti a corde di origine divina sui popolari strumenti a fiato.

4) L’incanto: il mito racconta ed esalta il potere ammaliante dell’esperienza musicale, con un messaggio religioso ambivalente. Se figure come le Sirene ribadiscono i limiti da non superare nella ricerca della conoscenza, miti come quello di Orfeo mostrano come la musica possa elevare l’animo umano e rivelare un ordine superiore al di là di ciò che è visibile. Il personaggio del bardo-profeta è peraltro tra i più diffusi nelle mitologie e nelle religioni di tutto il mondo (si pensi anche al re Davide, cui è attribuita l’invenzione dei salmi). Immagine correlataLa figura che riassume le diverse tipologie di connessione tra musica e mito è quella dell’aedo, personaggio reale che viene anche trasfigurato mitologicamente, si pensi al leggendario Omero “inventore” dei poemi epici o alla sua personificazione letteraria Demodoco, cantore nell’Odissea. Non è un caso che entrambi siano ciechi: è l’udito e quindi la superiore sensibilità musicale a metterli direttamente in contatto con il divino e la dimensione trascendente. Aedi, rapsodi e cantori epici sono figure storiche presenti in numerose culture e la loro funzione sociale di custodi della memoria e dei valori religiosi di cui il mito è intriso sottolinea ulteriormente fino a che punto esperienza musicale e racconto mitico risultino indissolubilmente legati: la parola cantata ha più forza ed è più sacra perché trasfigura e nobilita la lingua comune.

Musica e rito religioso

Risultati immagini per Musica e rito religiosoÈ raro imbattersi in cerimonie e riti religiosi in cui la musica non svolga una funzione determinante. Si possono individuare tre livelli di interazione tra musica e rituale, con un grado crescente di collaborazione tra i due fenomeni. A un primo stadio, la musica costituisce un mero complemento della liturgia, accompagna e scandisce la cerimonia, ed è un tratto largamente caratteristico dei riti cristiani e in particolare di quello cattolico. A un secondo livello, la musica può diventare chiave di accesso alla dimensione trascendente e cioè è caratteristico di numerose esperienze religiose, dal sufismo all’induismo, dall’Islam al buddhismo. Musica e rituale giungono infine a un punto di quasi totale identificazione nelle pratiche di trance, possessione e sciamanesimo, in cui l’invocazione e l’evocazione della divinità seguono precise formule musicali e coreutiche e s’impone la figura del sacerdote-musicista.

Nella cultura occidentale, in cui prevalgono i primi due livelli, l’intervento della musica nel rituale è connesso al rapporto privilegiato tra suono e parola. Nel mondo greco l’unità di poesia, musica e danza – che emerge con particolare evidenza nella struttura drammaturgica della tragedia – ha origine nelle pratiche di culto e si sviluppa per amplificare l’eloquenza del racconto mitico (secondo un processo che, sottratto alla sfera religiosa, è peraltro caratteristico anche della “liturgia” dell’opera in musica).

Risultati immagini per Nella liturgia cristianaNella liturgia cristiana e in particolare in quella cattolica, il legame tra parola sacra e musica è un dato fondamentale: prima il canto e in seguito gli strumenti entrano nel cerimoniale rispondendo alla necessità di amplificare (anche sul piano prettamente acustico) e far giungere la parola di Dio ai fedeli in ambienti sempre più grandi e affollati, ma in primo luogo la musica valorizza e accresce l’efficacia comunicativa e l’impatto emotivo del testo sacro. La musica porta a emergere suggestioni e significati nascosti nel testo religioso, mentre il desiderio di far risaltare la parola sacra spinge la musica a un crescente grado di complessità. È infatti proprio all’interno delle pratiche cultuali che si sviluppano le prime forme di polifonia e l’esigenza conseguente di fermare per iscritto forme sonore sempre più complesse, determinante per la nascita della notazione musicale.

Le relazioni tra musica e religione mutarono radicalmente a partire dalla seconda metà del XVII secolo. In Occidente infatti – a differenza che in altre culture, dove come abbiamo accennato esperienza musicale e spirituale presentano punti di contatto maggiori – aveva sin lì prevalso l’idea che la musica e le altre arti fossero un mero complemento della liturgia, significativo certo ma non essenziale alla pratica del culto. L’estetica del Romanticismo operò un decisivo ribaltamento, secolarizzando la religione e sacralizzando la musica. Risultati immagini per musica religiosaCiò non significa che nell’Ottocento non si scriva più musica religiosa, che sia destinata all’uso liturgico oppure solamente basata sui testi sacri (è sufficiente qui solo far cenno alla Missa Solemnis di Beethoven); un afflato spirituale meno confessionale tuttavia anima anche opere che nulla hanno a che vedere con tale contesto e che trovano posto in una nuova cornice rituale, quella del concerto.

La musica sacra

Risultati immagini per Giovanni Battista DoniIl termine musica sacra nacque nel XVII secolo: venne usato per la prima volta nel 1614 da Michael Praetorius – protestante – nel Syntagma musicum (classificazione dei generi musicali); successivamente nel 1640 Giovanni Battista Doni – cattolico – scrisse la Dissertatio de musica sacra. Nei documenti ufficiali si arrivò al 1860, in occasione del sinodo provinciale di Colonia; mentre in ambito pontificio si trova per la prima volta nel 1894.

Differenze

La musica spirituale è una musica che permette di elevare l’anima a Dio, senza essere però inserita in un contesto di una pratica religiosa.

La musica religiosa è spesso consacrata da testi o preghiere religiose, si distingue dalle precedenti per la sua funzionalità.

La musica sacra sorpassa la musica spirituale per il suo carattere personale o comunitario: una musica può essere considerata sacra per un culto (il magnificat per la Chiesa cattolica per esempio), senza esserlo per un altro. Allo stesso tempo una musica profana può essere considerata spirituale.

Risultati immagini per musica e religione rappresentano un binomio inscindibileFin dall’antichità musica e religione rappresentano quindi un binomio inscindibile, in modo particolare nell’antica civiltà cinese la musica era l’unica arte capace di educare i giovani alla spiritualità, misticismo e musica erano considerati sinonimi, e proprio nella musica stava il segreto del perfetto equilibrio cosmologico tra cielo, terra e mare. Tutto questo spiega il perché della tipica lentezza esecutiva della musica della Cina antica in cui ogni suono ha un ruolo nel tempo e nello spazio, non esiste fraseologia musicale, ma concatenazioni di suoni indipendenti su cui fermarsi a meditare. La musica greca antica era “la cura dell’anima”, ogni particolare “tonalità” musicale era in grado, secondo le teorie del tempo, di scaturire una particolare “suggestione psichica”. In questa teoria denominata dell’ethos (energia “che affascina”) ogni suggestione creata dalla musica poteva recare miglioramento a determinate carenze dello spirito della mente e persino del corpo.

Nel mondo esistono numerose forme di musica sacra secondo le tradizioni religiose: musica cristiana, musica hindu, musica islamica, musica giudaica, eccetera.

Musica sacra cristiana

La musica sacra cristiana comprende al suo interno diversi generi e forme e copre tutti i periodi della storia del Cristianesimo. Nel Medioevo la musica sacra per eccellenza fu il Canto gregoriano, successivamente la musica sacra conobbe uno sviluppo molto innovativo a partire dal XV secolo fino a raggiungere forme estremamente ampie e complesse nel XVII e XVIII secolo nell’ambito della cosiddetta musica barocca.

Canti sacri ortodossi

Nelle chiese ortodosse, con l’eccezione di alcune chiese greche (per esempio, nelle Isole Ionie) che hanno a lungo subito un influsso latino, è virtualmente impossibile trovare strumenti musicali a uso liturgico. Per quanto le Sacre Scritture siano ricche di immagini di lode a Dio attraverso strumenti musicali, infatti, i Padri della Chiesa esortarono all’uso della sola voce umana negli inni. Le Costituzioni Apostoliche del IV secolo vietano l’uso di strumenti musicali nella chiesa, e la prassi ortodossa è rimasta invariata da allora. Ancora oggi, gli ortodossi vedono nell’uso liturgico di strumenti musicali una disubbidienza alle regole e allo spirito dei Padri, e un pericoloso principio di commistione tra musica sacra e musica profana.

Musica sacra hindu

Anche la musica indiana, sia karnatica (del sud dell’India) che indostana (del nord dell’India) è considerata di derivazione divina, essa infatti deriverebbe direttamente dalla trimurti (Brahma, Shiva e Vishnu) la quale ne avrebbe insegnato regole e dettami ai musicisti ai quali a loro volta spetta il compito di intervenire sui nove sentimenti che, secondo la musica indiana, l’essere umano è in grado di provare. Nascono in questo modo i raga ovvero combinazioni di stilemi melodici detti swara, ogni raga inoltre produce uno swaroopam ovvero una “suggestione psichica” particolare con influenze specifiche all’interno della natura umana. Il mantra fondamentale per l’induismo è “Oṃ”.

Musica sacra islamica

Nell’Islam, tra il VI e il VII secolo, grande importanza ha avuto, e ha tuttora, il movimento esoterico spirituale del tasawuf o sufismo. Questo movimento costituito su concetti filosofici che potremmo definire “dialogali”, vede nella musica e nella danza il mezzo più adeguato per l’incontro con Dio (dhikr). Attraverso l’ascolto (sama), si compie infatti un cammino tra gli equilibri del cosmo si suona e si danza guidati dal “sacerdote” chiamato shaykh.

Musica sacra giudaica

La musica ebraica sacra è fondata sul sistema modale, composto da un numero di “motivi” (breve figure musicali o gruppi di note) all’interno di una determinata scala. Ogni comunità ebraica, su una base di regole comuni, ha i propri usi e costumi e ciò è valido anche per il modo della lettura della Torah. Vi sono vari modi di leggere la Torah, a seconda dell’area geografica. Il modo del Pentateuco è influenzato dalla musica greca ed orientale ed esprime dignità ed innalzamento dello spirito. Quello askenazita (Europa dell’Est) – fortemente influenzato dalla musica tedesca ed espressione di sentimenti struggenti e melanconici – è simile a quello in uso nelle comunità ebraiche del sud della Francia – Carpentras, Avignone – e dell’Italia. Il modo sefardita (Spagna ed Africa del nord) ha invece varie somiglianze con il canto gregoriano – che fece propri parecchi elementi dei canti ebraici – ed ovviamente ha molte affinità con le melodie arabe. Il modo di cantare la Torah viene effettuato su una base stabilita, che sono appunto i “te’amim”, ma il suo svolgimento è diverso non solo tra comunità askenazite, sefardite, italiane, ma anche tra le varie città della stessa nazione. Motivo per cui, per esempio, se si andrà in sinagoga a Roma, Venezia o Torino, non si ascolterà la stessa identica lettura.

bibliografia : www.wikipedia.it, www.centroastalli.it, www3.unisi.it, www.duepassinelmistero.com, http://www.eclettico.org e video/immagini tratte liberamente in rete, oltre ad alcune note personali