A forza di misurare impronte
ho trascurato il punto di vista del viale,
ogni passo in ossequio al verso degli alberi.

Ho chiamato altezza l’inizio della neve,
arrivo ogni cammino e scadenza.
A volte mi sono sentito corrente,
fotogramma e sequenza.

Piuttosto dorso che turno d’imponenza
ho riempito pagine con un gesto di vento,
per essere luogo di un lontano piacere
sprecato e con vago accento.

Ancora sguardo inverso
senza traiettoria né corsa differente,
un vecchio promemoria
che bussa con poca voce a occidente.

Ma potessi del campo una singola forma
allungherei suggestioni di zolla
in debutto e riassunto.

Scegliendo con voce inspiegabile
leggerezza per mietere sogni.