«Quello che cerco non è né la realtà né l’irrealtà, ma l’inconscio, il mistero dell’istinto nella razza umana.» (Amedeo Modigliani)
Amedeo Clemente Modigliani, noto anche con i soprannomi di Modì e Dedo (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920), è stato un pittore e scultore italiano, celebre per i suoi ritratti femminili caratterizzati da volti stilizzati e colli affusolati. Affetto da tubercolosi, morì all’età di trentacinque anni. È sepolto nel cimitero parigino del Père Lachaise. Il soprannome Modì, affibbiatogli in Francia, è’ l’italianizzazione del vocabolo francese maudit, traducibile in “maledetto”, che per assonanza è identico alle prime quattro lettere che compongono il suo cognome. Dedo invece è è il diminutivo toscano del nome “Amedeo”, che veniva utilizzato dalla sua famiglia e dagli amici più intimi.
Quartogenito della famiglia di origine ebraica di Raminio e Eugènie Garsin, residente a Livorno, da adolescente si ammala di pleurite, poi di tifo e quindi di tubercolosi: ciò renderà la sua salute cagionevole, una debilitazione che lo condizionerà per l’intera sua breve vita. Crebbe nella povertà, dopo che l’impresa di mezzadria in Sardegna del padre andò in bancarotta e oltretutto ereditò la tara di famiglia, una forma di depressione condivisa con alcuni fratelli. Già da piccolo mostrò una grande passione per il disegno, riempiendo pagine e pagine di schizzi e ritratti. Modigliani sarà influenzato dal movimento dei Macchiaioli approfondendo nel contempo la conoscenza della pittura impressionista italiana. Nel 1902 si iscrisse alla Scuola libera di Nudo di Firenze e un anno dopo si spostò a Venezia, dove frequentò l’Istituto per le Belle Arti (bazzicando i quartieri più disagiati della città provò per la prima volta l’hashish).
Nel 1906 andò a Parigi nel periodo della nascita della pittura cubista, esperienze d’avanguardia da lui utilizzate per lo sviluppo di uno stile personale. Conobbe Toulouse-Lautrec, Gauguin, Van Gogh e soprattutto Cézanne dal quale riprese le figure con grandi masse cromatiche già evidenti in opere del 1909 come Il mendicante di Livorno e Il suonatore di violoncello. Modigliani si era inizialmente pensato come scultore più che come pittore e iniziò a scolpire seriamente dopo che Paul Guillaume, un giovane e ambizioso mercante d’arte, s’interessò al suo lavoro sulla scultura nera, a Parigi lo presentò a Constantin Brâncuși e poco dopo a Picasso.
Dopo un breve ritorno in Italia, si stabilì definitivamente a Montparnasse dove scolpisce teste in pietra che risentono della plasticità greca arcaica e disegna una serie di cariatidi.
Questi caratteri ricordano le maschere africane, con occhi a mandorla, bocche increspate, nasi storti e colli allungati. Tra il 1915 e il 1920 l’artista eseguì la parte più nota della sua opera tra cui i ritratti di Max Jacob, Paul Guillaume seduto, Jacques Lipchitz e la moglie, Contadinello, La servetta, poi Nudo sdraiato, Nudo sdraiato a braccia aperte, Il grande nudo. (“era un aristocratico, la sua opera intera ne è la testimonianza più possente, la grossolanità, la banalità e la volgarità ne sono escluse”).
Un giovane mercante d’arte (Paul Guillaume) si interessò al suo lavoro riuscendo ad introdurre una serie di sculture al Salone del 1912. A causa delle polveri generate dalla manipolazione della materia, la tubercolosi peggiorava tanto da fargli abbandonare la pietra e il legno per concentrarsi sulla pittura. Tra le personalità ritratte: Chaïm Soutine, un amico alcolizzato, una scrittrice inglese alla quale rimase legato sentimentalmente per due anni, , Max Jacob.
E Moise Kisling, Pablo Picasso, Diego Rivera, Jean Cocteau (altro grande amico fu Maurice Utrillo che visse i medesimi problemi di alcolismo che caratterizzarono la vita di Amedeo).
In un caffè incontrò una bellissima giovane donna, era una cortigiana professionista, soprannominata ‘La Quique’, fu un colpo di fulmine per entrambi. Il ritratto ‘Elvira’ ora riprodotto su cartoline è uno di suoi capolavori.
Dicembre 1917: prima mostra personale i cui nudi in vetrina scandalizzarono il capo della polizia parigina che lo costrinse a chiudere la mostra poche ore dopo l’apertura.
Trovò il grande amore in Jeanne con la quale si trasferì in Provenza dopo che lei rimase incinta: il 29 novembre 1918 nacque una bambina. Mentre era a Nizza, un gallerista tentava di vendere lavori di giovani artisti ai ricchi turisti ma ricuperò per Modì (pseudonimo come Dedo) solamente pochi franchi. Nonostante ciò, fu il periodo in cui egli produsse la gran parte dei dipinti che sarebbero diventati i più popolari e di valore. I finanziamenti che Modigliani riceveva svanivano rapidamente in droghe e alcol. Nel maggio del 1919 fece ritorno a Parigi dove, assieme a Jeanne e alla loro figlia, affittò un appartamento e lì dipinsero ritratti l’uno dell’altro e di tutti e due insieme.
Continuò a dipingere ma la salute si stava deteriorando rapidamente. Dopo che il suo gruppo non ebbe notizie per vari giorni, un vicino di casa trovò Dedo delirante nel letto, scatolette di sardine aperte, bottiglie vuote e Jeanne al nono mese di gravidanza. Il medico constatò che l’artista soffriva di meningite tubercolotica. Ricoverato all’Hospital de la Charitè in preda al delirio, circondato da pochi amici e da Jeanne, morì all’alba del 24 gennaio 1920: al funerale parteciparono tutti i membri della comunità artistica di Montmartre e Montparnasse. La tragedia non era finita: Jeanne dalla casa dei genitori, si gettò da una finestra al quinto piano, il giorno dopo la morte di Amedeo, uccidendo con sé la nuova creatura che portava in grembo. Modigliani venne sepolto furtivamente per eludere altri scandali e fu soltanto nel 1930 che la famiglia concesse che le spoglie dei due venissero tumulate insieme.
La loro figlia di soli 20 mesi, Jeanne, venne adottata dalla sorella di Modì a Firenze e fu lei a scrivere la biografia del padre Modigliani senza leggenda. Jeanne morì nel 1984 a Parigi (proprio nei giorni in cui si discuteva sull’autenticità di tre teste scolpite che l’artista avrebbe gettato nel Fosso Reale) cadendo dalle scale in modo misterioso. In occasione della mostra nel 1984 a Livorno per il centenario della nascita si volle verificare se la leggenda fosse vera. Sembra infatti che nel 1909 Modì tornò per qualche tempo a Livorno mostrando le sculture ad amici artisti che lo avrebbero deriso (dopo alcuni giorni un gruppo di studenti universitari livornesi dichiararono che una scultura era opera loro, realizzata per burla con attrezzi banali).
Oggi le sue opere sono ritenute espressione di uno stile unico ma quando dovette lottare contro povertà e malattie croniche, eccesso di alcol e droghe, a parte i colleghi consapevoli delle qualità intrinseche, Modì fu snobbato dalla critica e dal mercato. La forte influenza di Paul Cézanne nei dipinti è evidente, sia nella deliberata distorsione della figura sia con l’inserto di grandi aree di colore piatto, un linguaggio caratterizzato da ritmi lineari, semplici forme allungate e verticalità. Nonostante la loro estrema economia di composizione e sfondi neutri, i ritratti trasmettono un senso acuto della personalità del modello, come nel Nudo disteso, un elegante insieme di linee curve e piani, nonché una notevole idealizzazione della sessualità femminile. Diventato celebre per i ritratti femminili caratterizzati da volti stilizzati e colli affusolati, la fortuna critica di Modigliani crebbe rapidamente dopo la morte e fu definitivamente consacrata con la grande mostra alla Biennale di Venezia del 1930.
«Ho ben conosciuto Modigliani; l’ho conosciuto affamato, l’ho visto ubriaco e l’ho visto abbastanza ricco. Mai l’ho visto mancare di grandezza… Mai ho sorpreso in lui il minimo sentimento basso… Ora che tutto è imbellettato e azzimato, ora che si crede di poter sorpassare la vita, dove tutto è super, da supertassa a surrealismo, alcune parole perdono il loro vero senso. lo non so più usare le parole “arte”, “artista”. Ma supponiamo per un istante che questa parola riprenda il suo colore, il suo senso, il suo sesso… Allora Modigliani era un grande artista.» Maurice de Vlaminck pittore francese
Film
Montparnasse 19 del 1958 diretto da Jacques Becker con Gérard Philipe e Anouk Aimée, Nel 1919 Amedeo Modigliani, pittore geniale ignorato dai contemporanei, sosta alcolizzato, drogato e miserabile a Montparnasse. Amato da due donne, l’inglese Beatrice e una giovane borghese che lascia la famiglia per vivere con lui. Morirà in un ospedale di Parigi.
The Moderns del 1988 di Alan Rudolph con Keith Carradine. Nel 1926 a Parigi, per riconquistare l’ex moglie risposata con un industriale, un pittore americano accetta di dipingere falsi Modigliani per una ricca famiglia. Risultano talmente perfetti da essere acquisiti nella collezione del Modern Art Museum: una riflessione sulla pittura tra vero e falso.
I colori dell’anima del 2004 di Mick Davis con Andy Garcia. In un montaggio alternato tra realtà e flashback, ripercorre l’ultimo anno di vita di Modì. Dalla nascita a Livorno da una famiglia ebraica in bancarotta alla passione per l’arte che lo porta a trasferirsi nella capitale francese. Qui stringe amicizia con vari artisti e, ad un corso di disegno, conosce la diciannovenne Jeanne Hébuterne, di cui s’innamora ricambiato e con la quale va a convivere, scatenando le ire del padre di lei, bigotto ed antisemita. A Jeanne, che gli chiede come mai non dipinga mai gli occhi, Modì risponde: “Devo prima conoscere la tua anima.
N.B. Le immagini sono state reperite nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al proprietario del blog (clicca qui) e saranno immediatamente rimossi.
Le notizie che formano il presente articolo sono state tratte da www.wikipedia.it e da un bellissimo articolo di Giuliano Confalonieri su www.artericerca.com
geniale portabandiera di un’epoca, il primo Novecento, in cui l’arte e la cultura europee toccavano il vertice
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già, basti pensare ai famosi anni ruggenti, alle riviste, i giornali i teatri e i cabaret che hanno fatto circolare le idee e le opere, stimolando la discussione e suscitando nuovi, animati, confronti. Pablo Picasso, Salvator Dalì, Vasilij Kandinskij, Marc Chagall, André Masson, sono alcuni tra i “frequentatori” di questi anni o Ernest Hemingway, arrivato dall’America in cerca di maggior libertà intellettuale, Scott Fitzgerald, che ha appena pubblicato Il grande Gatsby, Gertrude Stein, che apre il salotto di casa sua a giovani pittori e intellettuali e colleziona opere di Picasso e dei cubisti. E potremmo continuare.
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Certo potremmo continuare ma non c’è stato un ricambio e per questo Vale L’ultimo tuo paragrafo sulla definizione di arte e artista trasportato ad oggi.
I film li ho visti tutti e tre ma montparnasse con Gérard Philippe fa venire le lacrime agli occhi
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concordo sul film, per il resto l’arte è qualcosa che non ha una definizione ben precisa, è qualcosa di oltre, che va al di là di qualunque spiegazione, ci si può in qualche modo avvicinare ma credo che non si potrà darne una connotazione chiara e netta.
Ciao cara, buon caldo 🙂 (qui oggi siamo a quasi 35 gradi)
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Sono d’accordo con te ma ci sono delle situazioni ci sono state credo che non ci siano più dove lo scambio di idee e di opinioni diventava arte in una direzione o nell’altra.
20:24 adesso in giardino segnano 33 gradi buon caldo comunque anche a te!!!
Shera
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credo che in qualche modo la condizione del “fuoco dentro”, di quel magma interiore che spinge per uscire, la necessità della scoperta o del confronto, della ricerca o di quell’impulso primitivo di condivisione, di scambio e conoscenza, di mettersi alla prova, di “scavare” anche le più nascoste emozioni, siano proprie di alcuni periodi storici, il resto è mera quotidianità o per meglio dire semplice cammino.
Ciao
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Molto condivisibile il pensiero su Modigliani di Maurice de Vlaminck.
A rileggere biografie di grandi artisti provo sempre un grande senso di libertà e di speranza nonostante le vite travagliate perchè, bene o male hanno vissusto: sono vite piene.
Non so se riesco a dire…
Pur soli non erano portati alla solitudine, cercavano gli altri si riunivano, c’era uno scambio di idee e sentimenti.
Avevano un modo gli artisti che li distingueva in un modo o nell’altro. Non so, io ogni volta provo una sorta d’invidia per questi “spiriti liberi” …e l’arte aveva la sua grandezza senza peso, senza danari, senza egoismo
Un bel post, grande artista
grazie Sarino
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probabilmente quella libertà negata dalle circostanze, dalla quotidianità sofferta e derelitta, è stata la chiave di volta per far emergere tutta quell’arte, rendere vivido il magma interiore che solo in quel modo poteva riversarsi e dare fuoco alle mancanze, agli incubi dettati dalla malattia o dalla condizione sociale. Un mondo evidentemente libero solo attraverso i colori, le nuance, le immagini sebbene a volte curde, disperate, oscure. Ma forse il genio ha la necessità di “essere dolore” per poter esprimersi al meglio, quasi fosse una parte imprescindibile della grandezza. E quanti esempi ne rendono pieno esempio, dalla poesia alla musica, dalla scienza alla letteratura. Ma forse la pittura è quella che offre la gamma più caleidoscopica e penetrante, alla fine poco di quello che arriva agli occhi arriva con la stessa, tremenda, esplosione di un colore.
Ciao carissima e grazie
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Ma forse il genio ha la necessità di “essere dolore” per poter esprimersi al meglio, quasi fosse una parte imprescindibile della grandezza..
concordo
ma oggi si ha quasi paura di soffrire e, quindi, di vivere.
grazie a te
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la vita è gioia e dolore, una simbiosi che non si può scindere! Accettarla passivamente non fa che rendere più deboli, bisognerebbe saper prendere il “bello” di entrambe le cose ma non è per niente semplice.
Ciao
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un artista che ha fatto delle sue icone il simbolo della sua arte. Vedendo certi corpi in carne viene da riflettere sulla troppa magrezza di oggi, spesso si esagera col voler apparire magri.
Bell’articolo! Completissimo! 😉
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proprio così Max, un’artista che, come tanti del resto, ha dato “vita” alle sue paure, alle proprie inconsistenze con una firma che li ha resi immortali. Attraverso l’arte sono riusciti a vincere sebbene nati, quasi sempre, sconfitti. Ciao
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Articolo davvero piacevole. Una vita maledetta, poverina la figlia uccisa dalla mamma in grembo, e povera anche l’altra figlia morta così, in modo strano e non chiaro. Insomma, una famiglia ed una discendenza tormentata, cruda, forte… eppure preziosa.
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una vita vissuta in sofferenza, tra le grida di “dentro” e la necessità di darne corpo e la realtà a tratti disperata e disperante. Ciao e grazie
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Sempre esaustivi e ben scelti i tuoi argomenti.
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grazie carissima, ci provo! Anche perchè mi piace sviscerare le “cose” non amo fermarmi all’apparenza. Ciao
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Modigliani… fantastico!
Dei suoi ritratti, uomo o donna che sia, gli occhi hanno un enorme significato: mi han sempre intrigata.
Una vita breve ma intensa, la sua.
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come la vita di tanti artisti “maledetti”, scomparsi prematuramente e vissuti a pieno ritmo come nati a scadenza, con l’urgenza di dare il meglio della propria arte nei pochi anni concessi.Ciao e grazie
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uno stile inconfondibile quello dei volti e colli allungati…non è tra i miei preferiti ma è indubbiamente uno dei pittori italiani del 900 più conosciuti all’estero
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proprio così, un stile inconfondibile ma credo sia un marchio di fabbrica di molti artisti identificarsi in qualcosa di proprio, altrimenti non sarebbe “genio” e Modigliani in questo ha di suo uno stile che graffia per quella sorte solitaria e di solitudine ma anche -e forse proprio per questo- di gratificato “ringraziamento” con cui “omaggia” i suoi amici con tantissime tele dedicate.
grazie Daniela, ciao
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Grazie a te! Buona giornata
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anche a te
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