dirò della gente vicino l’entrata della Asl,
delle auto capitate tra i vigili dimessi
col vento in fila indiana,
di un bambino che si sceglie tra i grandi
senza risate

degli autobus fino a quando i lampioni
saranno pronti,
del molo che bestemmia ad ogni mareggiata
per un verso lungo quanto la notte

e di qualche corpo che si affretta all’alba
mentre la luna scorre lentamente
per scoprire la luce tra gli alberi

dirò delle ragazze vestite uguali,
delle felicità agitate come le foglie
vendute in ottobre quando il tempo
preme sulle guance e aspetta la pioggia
per accadere

come le risate subito dopo l’amore
o il silenzio di un bacio mai dato
morbido come le mani
di quando Elvira visse cento anni da cane
dovunque scacciato

senza nessuna vita e con la tristezza data
il due del mese da riempire a moduli
per un pezzo di marciapiede