David Samuel McWilliams, nato nella zona di Cregagh a Belfast il 4 luglio 1945, iniziò a suonare la chitarra e a scrivere canzoni già nei primi anni dell’adolescenza. Dopo aver lasciato il Ballymena Technical College nel 1963, intraprese un apprendistato presso una fabbrica di missili e successivamente fondò una band di danza locale, la Coral Showband.
Incise una demo di alcune sue canzoni e li fece ascoltare a Phil Solomon, imprenditore musicale, che in precedenza aveva gestito anche Van Morrison, che li ritenne dei pezzi abbastanza buoni e lo convinse ad incontrare il cantautore Dominic Behan. McWilliams si trasferì nella casa della famiglia di Behan a West London, un ambiente in cui era in grado di concentrarsi sul songwriting, tipico di chi possiede una vena creativa spontanea e immediata; l’impatto dell’influenza di Behan è difficile da determinare ma le esibizioni dal vivo di McWilliams diventarono molto più sicure, e probabilmente sarebbero state una chiave per il successo futuro. Dopo un periodo di cinque mesi nella casa di Behan, Solomon fu in grado di negoziare un contratto con la CBS Records , che pubblicò il suo primo singolo “God and My Country”.
Il primo album, David McWilliams Singing Songs di David McWilliams , è stato prodotto e arrangiato da Mike Leander e ha raggiunto il numero 38 nella classifica degli album inglesi. Ha rapidamente registrato un secondo album, David McWilliams volume 2, che ha raggiunto il numero 23 nella stessa classifica degli album ed è caratterizzato dal singolo ” Days of Pearly Spencer “. Una canzone che parlava di un senzatetto che McWilliams aveva incontrato a Ballymena e presentava un arrangiamento orchestrale travolgente di Leander e un coro cantato come attraverso un megafono. Questo effetto low-tech è stato effettivamente ottenuto registrando la voce da una cabina telefonica vicino allo studio.
Una canzone che si inerpica nelle asperità delle nostre esistenze, che induce alla malinconia, che ci trascina in freddi autunni ventosi, forse a causa di un particolare movimento emotivo dato da un arrangiamento ricco d’archi nervosi e da una semplicissima costruzione armonica dove un grappolo di note contraddistinguono l’intero pezzo e non hanno paura di gravitargli attorno per tutto il suo dispiegarsi. E’ un pezzo nel quale tutto si amalgama alla perfezione: il tenue intro, le delicate pennellate di una strofa timida e introversa, la rabbia trattenuta e foriera di tempesta del ritornello. Un ritornello nel quale si avverte un senso di incompletezza, di nostalgia, persino di dolore. McWilliams, ombroso cantautore irlandese che non riuscì più a ripetersi, ammise di essersi ispirato ad un vecchio homeless solito accamparsi sui marciapedi di Ballymena, un uomo schivo e solitario che però rappresentava una sorta di sicurezza per tutti gli abitanti della cittadina, soliti osservarlo nelle loro uscite giornaliere; ne volle scrivere accentuando la desolazione di una vita solitaria vissuta tra lo sporco e le luci riflesse, all’ombra dei vicoli dove solo i topi osano accompagnarti nel tuo camminare. L’uomo descritto nella canzone, il solitario vagabondo al quale McWilliams rivolge accorati appelli (Pearly where’s your milk white skin, what’s that stubble on your chin, it’s buried in the rot gut gin, you played and lost not won) è una sorta specchio in cui lo stesso McWilliams si riconosceva prima di scivolare in un’anonimato non troppo distante dall’oggetto della sua canzone.
Sebbene fosse noto nel Regno Unito, “Days of Pearly Spencer” non riuscì a ad essere un vero successo, forse perché la BBC si rifiutò di suonarla a causa dei legami di Solomon con alcune radio pirata e anche per la cattiva gestione di McWilliams che non approfittò mai dal successo della canzone.
In Italia, la canzone è stata interpretata nel 1968 da Caterina Caselli col titolo “Il Volto Della Vita”.
Una versione spagnola chiamata “Vuelo blanco de gaviota” fu registrata nel 1979 da Ana Belén. Successive versioni successive della canzone includevano una versione da discoteca che raggiunse il numero 1 in Belgio negli anni ’80, e una cover nel 1988 del gruppo psichedelico francese The Vietnam Veterans e il loro album The Days of Pearly Spencer. Una registrazione di Marc Almond, con un versetto aggiuntivo scritto da Almond che conferisce alla canzone un tono più ottimista, ha raggiunto il numero 4 nella UK Singles Chart nel 1992 e il numero 8 in Irlanda.
McWilliams pubblicò un altro album, David McWilliams III e diversi altri singoli, e fece un lungo tour in Europa, in alcune occasioni con The Dubliners and the Kerries. La sua canzone del 1968, “Posso arrivare a lume di candela?” è stata utilizzata per il tema di un programma radiofonico olandese. È diventato popolare in Germania e in Italia, così come in Francia e nei Paesi Bassi, e ha ri-registrato alcune canzoni in italiano. Secondo quanto riferito, David Bowie una volta nominò McWilliams come il suo compositore preferito. Si trasferì a Londra, e pubblicò altri album e singoli sulle etichette di Parlophone and Dawn negli anni ’70, ma questi non ebbero il successo sperato.
McWilliams tornò in Irlanda del Nord nel 1978. Dopodiché si esibì di rado, principalmente nei bar locali, anche se nel 1984 recitò anche in un concerto in aiuto dei minatori in sciopero e occasionalmente apparve al Ballycastle Northern Lights Festival. Nel 2001 la RPM Records pubblica l’album The Days of David McWilliams.
L’8 gennaio 2002, McWilliams morì improvvisamente per un attacco cardiaco nella sua casa di Ballycastle, nella contea di Antrim, all’età di 56 anni.
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ottima segnalazione… tanti auguri Sarino, buona Pasqua (!)
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Grazie Antonio, tanti auguri anche a te
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il panorama musicale è vastissimo, e noi amanti della musica amiamo esplorare anche generi diversi, sempre interessanti i tuoi articoli.
Buona giornata e Buona Pasqua se non passi più di qua nei prossimi giorni.
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proprio così Max, auguri anche a te
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