Provo alle lacrime
il grido di vivere dentro
come qualcosa che freme
e non mi salva,
niente da chiedere ai passi
e nemmeno a dio, tranne al goffo
corteo di guance che ferisce
e stringe,
dall’ombra offese in parte
quando il respiro è un tratto
a matita e la voce pianto
in perdono al fiato, in luogo
ad ogni oceano fissato.
Così ora che vanno
provo al tempo le rughe
delle strade, fallendo
diramazioni sparse e senza veli,
e per un viaggio che mi resiste
anche prendere il volo
è un’orma senza significato,
con le incerte lamentele
di essere stanco, di un dolore
docile abbandono di arti,
per ripetere di questa adunanza
soltanto i rami, non più opera in sogno,
all’odore di terra
per coscienza e giaciglio.