i sentieri non vanno da nessuna parte,
sconosciuti
si mancano di continuo, come restare
per andare da un’altra parte,
dentro un vecchio squarcio
che alla fine si cerca di riempire,
per il tempo che sembra puntuale
quando arriva e fa paura,
soprattutto tra sciami di traiettorie
e figure che esistono
sull’argine di un fuori posto

e ora che tutto si snoda senza dubbi
avrei voluto spendermi per miglia
e miglia,
magari per servire meglio ogni momento
per l’aria che ho lasciato
o per il fuoco all’improvviso,
rischiando per l’eccesso della sosta
che a tratti mi arriva come il frastuono di un solco
o come una foto in piedi
in cui ostinarsi è resistere in cornice

eppure racconterò di alcune bozze
ancora pendenti
di quando un piccolo uccello era dappertutto
-sempre in volo più in là-
a misurare qualcosa che sarebbe di nuovo nascita
se non fosse riassunto rimanere,
fuggendo per cieli senza sconti
o in fondo alla strada quando anche i più abili
se ne sono già andati

e forse per una buona casa arrivando tra i fiori,
alzando repliche in pari a qualche aurora