Il tramonto era diverso
quando bambini cercavamo il mondo.
Con le vertigini di Sacchetta
o le corse all’Abbatia, e solo per capire
se il vento fosse ancora uno di noi.

Anche quei baci rubati al catechismo
erano rari, quasi come la primavera
invece il mare accadeva in simpatia
come gli Archi di paese, quando per un po’ di cielo
non bastava una piazza.

Sembravano passaggi in leggerezza,
vibrazioni a cui la voce
avrebbe dato anche il tempo
soltanto per un sogno.
E poi quelle curve troppo brevi per essere tornanti
ma sempre in lunghezza e sponda
con le nostre età.

Quello era il tempo del grano
dove i vicoli si misuravano con le gambe
e i mattoni parlavano solo di ragazze,
erano i giorni per un pallone al Piano
dove scommettere ginocchia.

E di quell’aria strana, dai capelli neri
e le corse da cento metri. Quell’aria
che avrebbe disegnato
la sua immagine anche a distanza.

Seduta a sud, ma tra i miei anni.