È stato l’attore più grande ma è soprattutto stato uno straordinario autore, l’artefice del suo personaggio con cui ha attraversato più di 50 anni di storia italiana. Da regista dico che era straordinariamente facile lavorare con Sordi proprio perché era un grandissimo; bastavano poche occhiate e ci si capiva sul tono da dare alla sua interpretazione e quindi al film. È stato un comico capace di contraddire tutte le regole del comico. (Mario Monicelli)

Tra i più importanti esponenti della storia del cinema italiano con circa 200 film alle spalle, con Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi è stato uno dei “mostri” della commedia all’italiana (secondo la celebre definizione del critico Gian Piero Brunetta, un quartetto al quale, dagli anni sessanta, è generalmente accostato anche Marcello Mastroianni). Inoltre, insieme ad Aldo Fabrizi e Anna Magnani, fu tra i massimi esponenti della romanità cinematografica.

Immagine correlata

Adorato dal pubblico di ogni età e celebrato come uno dei più geniali interpreti del nostro cinema, Alberto Sordi è ormai molto più che un attore. E’ una sorta di leggenda, il simbolo cinematografico dell’italiano medio idealista e un po’ mammone, al tempo stesso vigliacco e cinico. Con il suo sorriso sornione e vagamente beffardo ha attraversato tanti anni di storia del nostro paese, il boom economico e gli anni di piombo, il rampantismo e poi Tangentopoli, cogliendo sempre con grande lucidità i cambiamenti sociali e trasformandoli in caricature ironiche e irriverenti.

Ma che, noi italiani ve imponemo a voi forse una trasmissione in televisione de nome Valmontone, Portogruaro, Gallarate? Perché voi ce dovete rompe li cojoni con ‘sto Dallas? Pietro Marchetti (Alberto Sordi) dal film “Il tassinaro” 

Apprezzato anche all’estero, in Italia Alberto Sordi è praticamente un’istituzione, ‘l’Albertone nazionale’ come lo chiamano in molti, ed è stato addirittura Sindaco di Roma per un giorno, quello festeggiatissimo del suo ottantesimo compleanno. Proprio nel cuore della città eterna, a Trastevere, Alberto Sordi nasce il 15 giugno 1920, figlio di Pietro, concertista al Teatro dell’Opera di Roma, e di Maria, maestra elementare. Si esibisce davanti al pubblico fin da bambino, girando la penisola con la compagnia del Teatrino delle marionette. Poi canta come soprano nel coro della Cappella Sistina e a 16 anni incide un disco di fiabe per bambini.

Risultati immagini per Alberto SordiLungo gli anni Quaranta, Alberto Sordi è impegnato soprattutto in teatro e nel doppiaggio, prestando la sua voce anche a Robert Mitchum e Anthony Quinn, nonché a Marcello Mastroianni per il film Domenica d’agosto. Il cinema gli concede solo piccoli ruoli, mentre alla radio ottiene un successo straordinario con ‘Rosso e nero’ e ‘Oplà’, presentati da Corrado, e poi con il programma ‘Vi parla Alberto Sordi’.
Nel 1950 ottiene finalmente un ruolo da protagonista nel film di Roberto Savarese Mamma mia, che impressione!, l’anno successivo Fellini gli regala la grande occasione con la parte dello sceicco romanesco ne Lo sceicco bianco.

Nel 1953 Sordi conquista definitivamente il pubblico e la critica con I vitelloni, sempre diretto da Fellini, e con Un giorno in pretura di Steno, il film che vede nascere il personaggio di Nando Moriconi, ‘l’americano’, protagonista poi del celebre Un americano a Roma (1954). Intanto, la sua fama diventa internazionale e nel 1955 il presidente degli Stati Uniti Truman gli concede le chiavi di Kansas City e la carica di Governatore onorario della città, per la propaganda favorevole all’America promossa proprio dal personaggio di Moriconi.

« Maccarone m’hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno! Questo ‘o damo ar gatto! Questo ar sorcio, co’ questo ce ammazzamo ‘e cimici. » 

La carriera cinematografica di Alberto Sordi, da questo momento in poi, è una lista interminabile di titoli, con film presto diventati di culto e pellicole che hanno segnato la storia del costume del nostro paese. Negli anni Cinquanta interpreta, solo per fare pochi esempi, L’arte di arrangiarsi (1955) di Luigi Zampa, Un eroe dei nostri tempi (1955) di Mario Monicelli, Lo scapolo d’oro (1956) di Antonio Pietrangeli, con cui riceve il suo primo Nastro d’Argento come miglior interprete protagonista, Ladro lui, ladra lei (1958) ancora diretto da Luigi Zampa e Il vigile (1960), sempre di Luigi Zampa, dove, nei panni dello spiantato Otello, crea uno dei suoi personaggi più divertenti.

Interprete grandioso soprattutto ne La grande guerra (1959) di Mario Monicelli un film del 1959 diretto da Mario Monicelli, e interpretato insieme a Vittorio Gassman. È considerato uno dei migliori film italiani sulla guerra e uno dei capolavori della storia del cinema. Vincitore del Leone d’oro al Festival del Cinema di Venezia ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini e nominato all’Oscar quale miglior pellicola straniera, si aggiudicò inoltre tre David di Donatello e due Nastri d’argento. Ottenne un enorme successo anche all’estero, soprattutto in Francia. Nel settembre 2009 il film è stato scelto per la pre-apertura della 66ª edizione del Festival del Cinema di Venezia. Nel gennaio 2011, come omaggio a Monicelli scomparso da poco, la Cineteca di Bologna organizzò una retrospettiva in suo ricordo, proiettando nel cinema Lumiére La grande guerra e altri lavori del regista. È stato successivamente inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”.

Dopo aver ricevuto nel 1958 la prestigiosa carica di comandante della Repubblica Italiana, nel 1965 Alberto Sordi esordisce dietro la macchina da presa con Fumo di Londra, poi, nel 1968, ottiene un successo straordinario con Il medico della mutua di Luigi Zampa e anche con Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?, diretto da Ettore Scola.

E poi ancora Polvere di stelle (1973), Un borghese piccolo piccolo, con un Sordi mattatore che conferma di saper utilizzare abilmente anche il registro drammatico e di poter mescolare con sapienza il comico al grottesco.

La celebre frase che il marchese rivolge ad un gruppo di popolani («Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo!») è ripresa dal sonetto Li soprani der Monno vecchio di Giuseppe Gioacchino Belli, che comincia così: «C’era una vorta un Re cche ddar palazzo / mannò ffora a li popoli st’editto: / “Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo”»

E poi Il marchese del Grillo (1980). Nella Roma papalina del 1809 il marchese Onofrio del Grillo, nobile romano alla corte di Papa Pio VII, trascorre le sue giornate nell’ozio più completo, frequentando bettole e osterie, coltivando relazioni amorose clandestine con popolane e tenendo un atteggiamento ribelle agli occhi di sua madre e della parentela conservatrice, bigotta e autoritaria. Il suo principale passatempo, che lo rende famoso in tutta la città e alla sua diretta servitù, è costituito da innumerevoli scherzi e beffe dei quali risulta spesso vittima la sua aristocratica famiglia, composta da personaggi stravaganti e chiusi al mondo esterno.

Il ricco nobile proprietario terriero è in grado sempre di uscire con umorismo e in maniera rocambolesca dalle tante e impensabili situazioni durante tutta la commedia, sfruttando senza vergogna anche le conoscenze dell’alta borghesia spesso compiacente (ne è l’esempio la scena del tribunale con la condanna alla gogna dell’ebanista ebreo Aronne Piperno). Un incontro casuale con un povero carbonaio alcolizzato, Gasperino, suo perfetto sosia, ispira il nobile a coronare il suo repertorio burlesco. In varie situazioni egli arriva a coinvolgere il Pontefice in nome di una giustizia e di un rinnovamento sempre invocati ma che mai riescono seriamente ad impensierire l’audace e brillante “Sor Marchese”: nel finale infatti, dopo una finta condanna alla ghigliottina inflittagli da Pio VII, viene graziato da quest’ultimo, che gli concede di riprendere il suo posto tra i Sediari pontifici.

Allora ditemi voi se in questa scena non è sublime! Ragazzi questa è arte, arte pura. Come si fa ad interpretare questa scena mimando un ubriaco (si presume da sobrio) in maniera perfetta se non si possiede una capacità scenica assolutamente fuori dal normale. Un autentico, geniale, camaleontico, istrionico rappresentante della commedia all’italiana, una commedia alta, assolutamente sopra le righe! Un’artista che forse più di ogni altro ha saputo incarnare il “mestiere” di fare cinema!

In coppia con Monica Vitti, sua partner perfetta, ha girato il celebre Io so che tu sai che io so (1982) e poi insieme a Carlo Verdone In viaggio con papà (1982) e Troppo forte (1986). Alberto Sordi riceve negli anni Ottanta molti riconoscimenti internazionali, che culminano al Carnegie Hall Cinema di New York dove, nel novembre del 1985, si svolge la rassegna ‘Alberto Sordi – Maestro of Italian Comedy’. Ma la lista dei premi prestigiosi è ancora lunga: tre Nastri d’Argento, sette David di Donatello, due Grolle d’Oro, un Golden Globe, un Orso d’Oro a Berlino e un Leone d’Oro a Venezia per celebrare la sua carriera.
Nonostante i successi e i riflettori costantemente puntanti addosso, Alberto Sordi ha sempre tenuto blindata la sua vita privata e non ha mai reso ufficiale alcun legame sentimentale. L’unico grande amore è sempre stato per il cinema e per il suo lavoro. E il pubblico lo ha ripagato con l’applauso più sincero.

L’italiano medio di Sordi

 

Con l’avvento della commedia all’italiana diede vita a una moltitudine di personaggi che la critica identificò come assimilabili all’italiano medio, spesso collaborando anche al soggetto e sceneggiatura dei film interpretati (190 in tutto, dei quali si ha certa la sua partecipazione a soli 146/147) e alle diciannove pellicole da lui dirette. Vi sono nei personaggi di Sordi delle caratteristiche ricorrenti: tendenzialmente prepotenti con i deboli e servili coi potenti, a cui cercano di mendicare qualche privilegio. Secondo alcuni proporre personaggi di questo tipo darebbe il “cattivo esempio”, porterebbe infatti certi spettatori che altrimenti non avrebbero avuto il coraggio di rivendicare la propria pochezza, ad avere un alibi e addirittura un esempio da seguire, sentendosi rappresentati e legittimati. Tra i personaggi degli anni ’70 vi sono il geometra incarcerato senza motivo mentre si trova in vacanza di Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy (1971) (per questo ruolo si aggiudicò nel 1972 l’Orso d’argento al Festival di Berlino) e il baraccato che una volta all’anno insieme alla moglie (Silvana Mangano) organizza interminabili partite a carte nella villa lussuosa di una ricca e bizzarra signora con segretario ed ex amante al seguito (impersonati da Bette Davis e Joseph Cotten) in Lo scopone scientifico di Luigi Comencini (1972). La maschera afflitta ed esilarante di Alberto Sordi, che fonde con molta ironia gli elementi tradizionali del suo personaggio e strizza l’occhio alla cara memoria di Stan Laurel, ha un’espressività eccezionale nel film Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata. Fino al drammatico ruolo che recita in Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli (1977), ritenuto da parte della critica come il vertice delle sue capacità recitative. 

Affrontò anche libere trasposizioni di Molière (Il malato immaginario del 1979 e L’avaro del 1990, entrambi diretti da Tonino Cervi) e Romanzo di un giovane povero, diretto nel 1995 da Ettore Scola, il quale, nel 2003, dopo la sua morte, gli dedicherà il film Gente di Roma. Detentore di cinque Nastri d’argento, di sette David di Donatello e altri numerosissimi premi minori, ottenne nel 1995 il Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia.

Una volta entrato nel mondo del cinema, non trascurò le sue origini musicali: nel 1956 realizzò una commedia dal titolo Mi permette, babbo! che narrava le turbolente vicende di uno studente di canto viziato, presuntuoso e mantenuto dall’esasperato suocero (interpretato da Aldo Fabrizi), che aspira a calcare le scene della lirica.

Risultati immagini per alberto sordi

Vi presero parte anche noti cantanti lirici dell’epoca, tra cui il basso senese Giulio Neri. Nel 1957 Sordi si iscrisse alla SIAE come suonatore di mandolino, strumento che conosceva in virtù dei suoi trascorsi militari. Ottenne la qualifica di “Compositore melodista”.

Fantastica è l’interpretazione de te c’hanno mai mannato!

Alberto Sordi è morto il 25 febbraio 2003, nella sua villa di piazza Numa Pompilio, a Roma. Aveva 82 anni, e da tempo lottava contro una grave malattia.

« I viaggi sono belli solo nei ricordi, perché tutto sembra bello nei ricordi.
Allora accosta e fai riposare ‘a machina, perché se si fonde er motore sai quante risate che ce facciamo l´anno prossimo quanno ce lo ricordamo? » dal film “Una botta di vita”


*materiale video tratto liberamente dalla rete e recensioni estrapolate da i seguenti siti,   il tutto raccordato con alcune mie riflessioni personali.